Digitali

Genitori dei “figli digitali”: che confusione!



In un recente articolo, ho parlato delle così dette “generazioni digitali”, chiedendomi se esistano veramente Alcuni rischi delle generazioni digitali.

Ora vorrei parlare dei genitori di questi “figli digitali”, e dei comportamenti che alcuni di essi mettono in campo.

Nella società che abbiamo creato, conta sempre meno ciò che è e assume sempre maggior importanza ciò che sembra.

Così per alcuni genitori, è molto più importante che i loro figli appaiano sui social come persone molto seguite e amate, piuttosto che lo siano veramente.

Ecco cosa succede.


I genitori “digitali”

Ci sono genitori che comprano pacchetti di like e/o di follower e/o di qualunque altra cosa possa dare l’idea di essere molto “forti” e seguiti nel web e sui social.

Pare che ci siano aziende straniere (russe e australiane, per lo più) specializzate in questo commercio.

Questi genitori, regalano like e/o follower falsi ai loro figli, affinché questi possano sembrare, agli occhi degli altri, molto apprezzati e seguiti.

Ora, c’è da chiedersi se i genitori agiscano così più per sé stessi o più per il loro bambino.

Quanto conta, per questi genitori e per il loro senso di autostima, avere un figlio che sui social sembra non riscuotere molto consenso, quando magari i figli di altri hanno più successo?

Sempre ammesso e non concesso che quel successo sia vero, poi.

O quanto conta, invece, per questi genitori, dare al proprio figlio il senso del suo valore, costruito all’interno di una sana relazione?

Quanto peso ha la sofferenza del figlio nel comportamento del genitore, che, così, per farlo stare meglio, gli regala qualcosa di non vero?

Quanto pesano i sensi di colpa de genitori, che non si ritengono adeguati a dare ai figli ciò di cui hanno bisogno?

E’ abbastanza ovvio che ci troviamo di fronte a dei genitori insicuri, impauriti dal mondo che circonda i loro figli e loro stessi.

Spesso anche con bassissima autostima e timorosi di non riuscire a dare solide basi di sviluppo ai loro figli.


Il mondo dei social: che brutto mondo, se usato male!

Sui social la gente esprime le proprie opinioni, chiamiamole così, nascosta dietro uno schermo.

Qualunque sia la verità “vera”, non è mai possibile testare se ciò che viene espresso nei vari commenti sia ciò che la persona pensa.

Per esempio spesso i like, i cuoricini e i commenti positivi, vengono messi più per amicizia o perché si tiene a mantenere le proprie fonti di like, che non per un reale interesse.

Mentre, per quanto concerne i commenti negativi, a volte perfidi e cattivi, si può stare certi che sono pensati.

Tali commenti fanno lasciano scoperte problematiche personali, mancanza di sensibilità,  incompetenza relazionale, frustrazioni intime e una certa infelicità di fondo, della quale si fatica a sbarazzarsi.

Trattare male gli altri, può fornire false ed effimere gratificazioni, usate proprio per lenire la propria sofferenza.

Il mondo sui social, virtuale e asettico, peggio di una sala operatoria, si sta sostituendo alla vita reale, e ai rapporti reali.

La perdita in capacità di interazione reciproca, di relazioni umane sincere e di intimità sono l’immediata conseguenza.

In questo mondo, dove sempre meno si cerca il contatto diretto, il pericolo è rappresentato dall’eccessiva importanza data a commenti, like, cuoricini, numero di follower e dalla dipendenza da essi.

La capacità di essere sé stessi e di sapersi esprimere, è ridotta al minimo, perché per poter esistere sui social, devi essere come gli altri ti vogliono, devi dire ciò che gli altri vogliono sentire.

E questo ancora più di quanto non fosse già, prima dell’avvento dei social.


I social: livellatori o rivelatori di personalità?

I social possono funzionare come livellatori sociali e omologatori di personalità.

I livelli di dipendenza dai social sono analoghi, se non superiori, a quelli che si hanno con l’uso di sostanze.

Puoi distinguerti dagli altri, solo apparentemente, perché devi comunque rientrare nelle grazie di chi ti mette o toglie i like.

Non ti puoi permettere di dire o fare qualcosa che desideri, perché il desiderio stesso è corrotto dal bisogno di approvazione.

Questi elementi, già veri per gli adulti, lo sono ancora di più per i ragazzini, che spesso sono indotti ad usare gli strumenti digitali ancor prima di aver imparato a gestire le relazioni con gli altri e la relazione con sé stessi.

La cosa peggiore, forse, è che difficilmente chi è dipendente dai social ne è consapevole, e ritiene, anzi, di essere sé stesso.

Accade anche che si confonda l’avere personalità e idee proprie, con l’espressione rabbiosa e a volte violenta, o con l’eccesso espressivo.

In realtà, questi comportamenti difficilmente sono indicatori di personalità.

Più spesso, sono indice della propria vulnerabilità alle manipolazioni altrui.

Nel senso che gli organi di potere che si servono della nostra rabbia per portare avanti le loro battaglie.

Nel momento in cui cediamo alle loro provocazioni, smettiamo ancora di più di essere noi stessi.


Genitori, figli digitali

Molti genitori dotano il bambino che va ancora alle elementari di uno smartphone, per mettere a tacere la loro ansia: “così posso controllarlo”, “so sempre dov’è e cosa sta facendo”, e simili.

Questo è un gesto che presenta alcuni rischi, per tre ragioni.

  1. si fa gravare sul figlio la responsabilità della propria tranquillità, mettendolo nella condizione di far sì che sia lui a prendersi cura del genitore e della sua ansia, anziché viceversa;
  2. non si permette né al bambino, né a sé stessi come genitori di imparare a gestire l’ansia e qualunque altra emozione;
  3. si instaura una dipendenza sia dall’ansia che dallo strumento usato per lenirla.

E’ doveroso dire che esistono casi – rari – in cui è necessario dare un telefono in mano ad un bambino.

Ma è altrettanto doveroso e urgente dire molto chiaramente che fornirli di smartphone troppo presto e sotto la pressione sociale può essere un errore.

Infatti, è spesso la pressione sociale che induce il genitore ad indulgere  in tale errore che e nelle sue conseguenze.

Pensieri come: “i figli degli altri ce lo hanno”, “cosa penseranno di me se mio figlio non ce lo ha”, e così via, sono forti condizionamenti esterni, purtroppo. 


Quali possibili soluzioni per i genitori digitali?

Ciò che mi preme dire è che può essere molto utile chiedere un parere a professionisti competenti.

 E’ importante comprendere che la psicologia è una risorsa indispensabile in tutti i contesti umani, ed è in grado di fare tantissimo per creare situazioni di vita più sane e serene.

Dovunque ci sia un uomo, c’è psiche: psiche significa anima, e la mente, così come il corpo e le emozioni, sono le sue primarie espressioni.

I genitori sono i primi ad aver bisogno di essere sostenuti nel loro difficilissimo compito.

Vanno aiutati a comprendere quale sia un uso più salutare della tecnologia e a gestire nel modo più adeguato la comunicazione.

E a saper esercitare un “buon” controllo sui loro figli, per proteggerli nel modo più sano.

E magari, hanno anche bisogno di comprendere meglio sé stessi e le loro ansie e di trovare le soluzioni più adeguate per la loro vita, e la vita dei loro cari.

E’ una società troppo difficile, la nostra, per potercela fare da soli!



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